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Dizionario di Medicina naturale

Ipnosi

La storia dell’ipnosi inizia nella notte dei tempi ed è strettamente connessa con la storia religiosa dell’umanità: essa faceva parte dell’insegnamento iniziatico dei culti misterici orientali e occidentali (la praticavano ancora i sacerdoti druidi nell’Irlanda di San Patrizio). Il nome stesso indica uno stato di coscienza diverso dallo stato di coscienza normale: ypnos in greco significa “sonno”; tuttavia lo stato ipnotico non corrisponde al sonno, ma assomiglia più precisamente al sonnambulismo, dove emergono comportamenti inconsci, normalmente soppressi dall’attività cosciente razionale.

L’ipnosi può essere autoindotta (allora si parla di “autoipnosi”) o eteroindotta (cioè indotta da un’altra persona) ed è quest’ultima che più frequentemente si indica quando si parla semplicemente di ipnosi. L’ipnosi conobbe un momento di grande popolarità nel XIX secolo, grazie a due figure indimenticabili, pur fra loro molto diverse: Mesmer (1734-1815) e Charcot (1825-1893). Mesmer, probabilmente a conoscenza delle antiche esperienze misteriche, fu un geniale sperimentatore e sosteneva la teoria del passaggio di una sorta di fluido dall’ipnotista all’ipnotizzato, sufficiente per rendere conto delle trasformazioni dello stato di coscienza non solo del paziente, ma anche in una certa misura dello sperimentatore; ciò ricorda quanto accade nella Pranoterapia, nel Reiki e nel Qigong, pratiche nelle quali si sostiene espressamente un passaggio di energia vitale.

Il primo tentativo di spiegare l’ipnosi in modo diverso dalla spiegazione mesmeriana del “fluido animale” si attribuisce al medico inglese James Braid (1795-1860 ). A Manchester il 13 novembre 1841 Braid partecipò a un seminario sul magnetismo animale, tenuto dal medico svizzero Charles Lafontaine; rimase impressionato da quanto ebbe occasione di vedere di persona e decise di dedicarsi allo studio del fenomeno. Nel 1842 presentò una relazione ufficiale sui suoi studi, proponendo di chiamare lo stato di coscienza alterato “ipnosi”, in quanto simile al sonno; così appunto nacque ufficialmente l’ipnosi.

Per Braid l’esperienza ipnotica nasceva da un particolare rapporto stabilito fra l’ipnotista e l’ipnotizzato, per mezzo del quale quest’ultimo veniva influenzato tramite la parola e non attraverso alcun fluido irradiante dal terapeuta. Senza alcun dubbio l’esperienza di Braid influenzò Charcot, che cercò di applicarla allo studio dei disturbi del comportamento e alle malattie neurologiche. Charcot era un grande scienziato della Francia positivista, un accademico, il quale, grazie all’ipnosi, dimostrò l’esistenza di un disturbo sino a quel momento attribuito a possessione, nelle sue manifestazioni estreme: l’isterismo. La paziente posta in stato di ipnosi cessava di sopprimere le sue paure e le sue ribellioni, nonché l’effetto di particolari condizioni fisiche sulla sua psiche (“isterismo” deriva dalla parola greca yster, “utero”, a indicare il sorgere di vere e proprie emozioni “organiche”, che salgono in un certo modo sino al cervello, influenzando il comportamento) e si abbandonava ad una drammatizzazione dei sentimenti nascosti. Per Charcot l’ipnosi era uno stato patologico della coscienza.

In contrapposizione a tale teoria fu la scuola di Nancy di Bernheim e Liebhault, i quali al contrario ritenevano l’ipnosi uno stato di coscienza particolare, ma del tutto fisiologico, inducibile in qualsiasi persona con i metodi opportuni: ciò ricorda la moderna posizione di Erickson.

Allievo di Charcot a Parigi fu il giovane Freud, che, pur non praticando in seguito l’ipnosi, trasse da essa l’idea della terapia psicanalitica, fondata sull’aiutare il paziente a far emergere elementi conflittuali soppressi nella parte inconscia alla parte conscia della mente. Malgrado Freud non praticasse l’ipnosi in senso stretto, bisogna notare che egli ebbe l’idea di far adagiare il paziente su un divano, di porlo in una condizione di rilassamento, che in un certo senso si può considerare come uno stato leggero di ipnosi, nel quale è più facile che possano emergere contenuti psichici profondi.

Mentre Freud si riferiva prevalentemente alla psicanalisi, considerandola una sorta di catarsi della vita psichica individuale, il suo contemporaneo Jung vide nell’analisi semi-ipnotica dell’inconscio anche l’emergere di contenuti della storia inconscia dell’umanità, codificati nel suo codice genetico come archetipi, cioè modelli ideali, a cui la vita individuale tende ad ispirarsi: la salute psichica deriva secondo Jung dal giusto equilibrio fra elementi della storia individuale e modelli genetico-culturali molto vasti.

Schultz mise a punto una tecnica di auto-ipnosi fondata sull’apprendimento di un rilassamento profondo, chiamandola “training autogeno”: training significa “allenamento”, in quanto l’individuo metropolitano stressato ha perso la naturale predisposizione al rilassamento e deve allenarsi per riappropriarsene, e autogeno, nel significato di stato di coscienza diverso dallo stato di veglia e autoindotto, simile allo stato di rilassamento del paziente sul lettino dello psicanalista. Tale stato consente al paziente di conservare la propria vigilanza, quel tanto che basta per rendersi conto personalmente dei contenuti psichici profondi che emergono, ma evitando che l’analisi razionale impedisca o sopprima il loro pieno e libero dispiegamento.

Altri terapisti preferiscono invece utilizzare uno stato più profondo, nel quale il paziente non è affatto consapevole dei contenuti inconsci, che vengono alla luce; ciò evita l’interferenza della mente analitica, ma limita la crescita personale del paziente, che può migliorare da certi disturbi, ma senza comprenderne le ragioni, e senza rendersi conto delle dinamiche psicologiche; tale migliorata consapevolezza consentirebbe una vita serena e una crescita personale.

In conclusione l’ipnosi consiste in uno stato di coscienza diverso sia dallo stato di veglia che da quello di sonno; in tale stato di coscienza è possibile accedere a un livello più profondo dell’organismo umano, a un controllo dei meccanismi non controllabili nello stato di veglia, come il battito cardiaco, l’umidità della pelle e il calore del corpo, il tono muscolare, ma soprattutto entrare in diretto contatto con i meccanismi mentali alla base delle emozioni e dei sentimenti.

Il paziente può essere condotto in tale stato dall’ipnotista impositivo, senza avere alcuna o poca consapevolezza di sé e alcuna responsabilità nella genesi del fenomeno; ma può anche essere allenato ad accedervi consapevolmente e a vivere pienamente tale condizione, arricchendosi enormemente grazie a questa esperienza: si può dire che qui l’ipnosi diviene meditazione.









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