COME DIFENDERSI DAL CANCRO
Arch. Sonia Scarpante
La mia vita ha preso una luce diversa da quando ho vissuto il cancro. Questa malattia, incontrata 11 anni fa, mi ha dato la possibilità di guardarmi dentro, di sperimentare nuove affinità, di cogliere il lato essenziale degli eventi. Oggi sono una persona diversa. Coraggiosa e determinata al tempo stesso. Curiosa di specchiarmi in tutto ciò che si attiene al mondo della cultura; dedita all’ascolto interiore che svelo anche attraverso la scrittura, con la voce poetica dell’amore.
Il cancro non ha fagocitato la mia mente ma l’ha definitivamente liberata verso altri lidi.
Il cancro mi ha insegnato a recuperare me stessa, a ricostruire le affettività che rivelavano al loro interno meccanismi malati, ancor più mi ha aiutata ad espandere le mie peculiarità. Ma ciò che più conta: ha scardinato quei processi mentali per cui crediamo sia essenziale e meritorio adeguarsi al pensiero degli altri, conformisti nei comportamenti perché ciò che più si teme è il giudizio altrui.
Il cancro mi ha dato la possibilità di spaziare nelle conoscenze perché l’esigenza nuova che nasceva era anche legata alla storia dell’altro entrando in quel vissuto per imparare a crescere forte di quella testimonianza. Per crescere e migliorare nel pensiero, nell’educazione della mente.
Il cancro, poi, mi è testimone di un “ azzardo” se così posso definirlo. Perché non avrei mai pensato di coltivare, oggi, un interesse che mi arricchisce sempre più e a cui mi sento sollecitata a dare il massimo, rischiando anche di mio per approfondire un tema che incute timore e scetticismo: le affinità della malattia con la personalità e con la psiche dell’individuo.
In questi undici anni che mi distanziano dalla mastectomia molte cose sono cambiate. La mia malattia non è mai stata subita come un evento fortuito perché il processo interiore che l’ha accompagnata mi diceva che dovevo trovare nuove risposte, anche in quell’ esperienza che mi sembrava essere devastante.
Ho amato sempre molto due parti del mio corpo: gli occhi e il seno. Le due particolarità in cui mi rispecchiavo e in cui andavo riconoscendomi. Nell’immagine collettiva il seno è un organo da tutelare per la risposta che ne deriva alla sessualità e all’istinto della procreazione. Ho dovuto rinunciare a questa riconoscenza esteriore per affinare quella interiore che, a mia insaputa, avrebbe elargito maggiori vastità. Una rinnovata consapevolezza sarebbe corrisposta ad un’inversione di rotta di fronte alla vita.
Ho iniziato a scrivere, con quei drenaggi che purificavano il mio sangue, traducendo in parole l’interiorità che voleva essere svelata perché il cambiamento derivato dal cancro mi ha obbligato, sin dai primi giorni, ad una maggiore trasparenza. E sono nate tutte quelle riflessioni che via via ho pubblicato poi in testi diversi e che riportavano quella nuova luce che andavo a scoprire. Da alcune lettere che costituiscono il mio primo libro: “ Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso” 1 ho ripercorso il mio vissuto e quello delle persone a me care. Attraverso quelle lettere ho sanato le affettività malate riportando alla luce tutti i nodi irrisolti. Quelli che hanno avuto origine sin dall’infanzia e che nel loro spessore hanno contribuito a delineare una persona meno autentica, quel tanto socievole ed accomodante da non scompaginare vecchie abitudini, legami inossidabili. Questi undici anni mi sono serviti per riflettere sul cancro come una “ Forma mentis” e questi stessi anni mi sono stati necessari per raccogliere dati, studi, testimonianze a cui mi offro come volontaria, esperienze di terapie di gruppo vissute anche in prima persona per affermare, oggi, che ci si può difendere dal cancro. Raccolgo quotidianamente dati incontrovertibili che mi obbligano da un pensiero più ampio. Dati acquisiti da esperienze di uomini, donne con cui parlo, da testi scientifici scritti da medici e non solo. Ma ricavati soprattutto da quel grande contenitore emotivo delle donne perché sono quelle che sanno bilanciare, se lo desiderano, maggiormente l’impatto emotivo derivato da qualsiasi esperienza traumatica o legata alla malattia. Le donne sanno rischiare più facilmente sulla propria pelle e più facilmente hanno la capacità di mettersi in gioco. E siamo ancora noi le più facilitate per natura ad esternare l’aspetto sentimentale della vita e trovo che esso sia l’elemento propulsore che può alleggerire una vita o castigarla per sempre.
La malattia credo voglia sfondare quel muro dell’emotività come segno tangibile di verità che non va manomessa. Dobbiamo essere tutti noi consapevoli che il cancro altro può suggerirci. La malattia ci chiede di andare ben oltre il medicamento o la cura della parte malata. Se dobbiamo parlare di cura reale dobbiamo anche investire maggiormente in forze nuove, dobbiamo cercare altre strade su cui battere la nostra conoscenza. Poiché il corpo, spesso, parla di una parte malata ben più cronicizzata. Una parte della nostra interiorità su cui noi dobbiamo imparare ad affacciarci. Il tumore può aiutare verso una conoscenza più profonda e meno superficiale. La mia esperienza, durante questo cammino e corollario di dati, è stata ed è la mia forza; la conoscenza e l’approfondimento scientifico la mia verifica.
LA STRADA DELLA CONOSCENZA.
La prima domanda che dobbiamo porci è questa: ci sono strumenti validi, oltre la medicina intesa come scienza, a cui possiamo attingere per combattere il cancro? Quanti di noi ci credono veramente?
Gli strumenti sono sicuramente molti e svariati. Ognuno pertinente ad ogni singolo uomo come del resto la malattia ha caratteristiche uniche ed individuali. E come oggi si tende alla personalizzazione della terapia in un percorso finalizzato alla cura biologica, ugualmente la ricerca per essere più efficace deve tendere alle risorse individuali legate all’interiorità, al mondo delle sensibilità di ognuno di noi. Dobbiamo focalizzare quali possono essere in ognuno di noi le espressioni spirituali che ci caratterizzano come individui nella ricerca di una propria autenticità. Autenticità che ha bisogno di esprimersi nella sua forma libera attraverso quegli strumenti che andiamo a ricercare in un percorso di cura totale. Solo imparando a conoscerci attraverso una lettura interiore, consapevole e anche faticosa, riusciamo a dotarci di quegli strumenti e di quelle competenze nuove che nel tempo aumenteranno la nostra fiducia, le nostre capacità. Sono ampie le possibilità che possiamo incontrare se noi non tendiamo sempre ad inibire ciò che appartiene alla sfera della creatività, dell’immaginario, in un processo che spesso scegliamo di negazione e non di assoluzione. Per la catarsi dobbiamo necessariamente assolverci. Dobbiamo assolverci, o più facilmente perdonarci per contribuire, in tal modo, anche al risanamento delle nostre cellule. E per farlo siamo obbligati a darci il tempo della riflessione, del silenzio, della fatica. Credo che qualsiasi risanamento interiore così come qualsiasi relazione affettiva goda maggiormente del beneficio della salute psico-fisica se contribuiamo in prima persona a quel benessere la cui prevenzione è data anche da un’educazione alla fatica. E’ fuorviante pensare che le relazioni come la salute possano essere semplici e autodefinite nella loro espressione autentica senza essere mediate dalla consapevolezza di una costruzione anche faticosa della conoscenza reciproca e personale. Credo, anzi, che l’impegno e la fatica di una conoscenza, che non sarà mai totalizzante, possa notevolmente contribuire alla costruzione di un rapporto fecondo e appagante. La fatica nella costruzione di un dialogo, la fatica di una lunga introspezione, possono svelare nel tempo le loro grandi appartenenze, le loro grandi opportunità. E così il processo verso la conoscenza del cancro prevede questa strada faticosa ma anche fortemente terapeutica per chi si aiuta ad intraprendere questo viaggio nuovo verso l’approfondimento della propria interiorità. Dobbiamo costruire molto su questa strada ed attivarci perché qualsiasi risorsa possiamo reperire è un atto in più di fiducia che costruiamo verso la malattia.
La Scrittura come forza terapeutica
La scrittura è stato lo strumento a me più congeniale, la mia risorsa, quella che mi ha obbligata a guardarmi dentro, permettendomi di andare oltre, di trascendere oltre lo spazio della consuetudine. “Questa di voler vivere diversamente era la vera battaglia che avevo da combattere…”
Come afferma lo stesso teologo Paul Tillich: …per essere guarito, lo spirito deve lasciarsi cogliere da qualcosa che lo trascende, che non gli è estraneo, ma entro cui si realizzano le sue potenzialità 1 La scrittura, la poesia per me.
La testimonianza, invece, di Edith Eva Eger, psicologa, citata nel testo: “ Guarigioni straordinarie”… vuole ricordare per poter perdonare, perché è fermamente convinta che solo dal perdono viene la libertà. 2
Per esperienza mi ritrovo nella stessa percezione di Edith per averlo sperimentato attraverso la mente e di seguito attraverso il corpo. La stessa tessitura, la stessa trama che ho colto attraverso il mio primo libro ( “ Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso.” Edizioni Melusine) perché attraverso quelle mie lettere ho attraversato il dolore e mi sono riconciliata con quegli eventi dolorosi che mi erano appartenuti. Ho dovuto perdonarmi per riuscire a perdonare altri. Come ben scrive Isabelle Allende : La scrittura è una lunga introspezione, è un viaggio verso le caverne più oscure della coscienza, una lenta meditazione. 3
Per vissuto personale, prima del cancro, ho attraversato un periodo di grosso stress psicologico. Non avevo tregua e percepivo quanto stavo danneggiando la salute del mio corpo perché le tensioni erano troppo alte. Non dormivo più di notte e i sentimenti negativi come la rabbia ed il rancore prendevano sopravvento. Stavo massificando il mio dolore. Solo sei mesi sono stati sufficienti per l’esito infelice. Avvertivo che davo messaggi sbagliati al mio corpo, che il dolore interiore spazzava via qualsiasi buona possibilità. Le passioni mancavano, i sogni svanivano, la vita era sempre uguale senza variazioni. Una depressione acuta toglieva qualsiasi possibilità di sperare nel futuro perché tutto era fermo a quel problema, a quella difficoltà che aumentava il suo peso senza permettermi di uscire dal tunnel. Il cancro prima, la scrittura come terapia subito dopo l’intervento che mi ha fermata in riflessioni continue su quel cancro per leggere la sua vera natura, mi hanno facilitato il cammino della trasparenza.
L’attività della scrittura introspettiva costringe la persona ad incontrarsi con il rimosso, con i nodi irrisolti della sua vita. Credo, per averlo vissuto, che la scrittura, se abbiamo il coraggio di avventurarci nel viaggio imprevedibile dell’interiorità, possa aiutare ad elaborare anche il dolore più acuto.
Come scrive e annota anche Duccio Demetrio nel suo testo: “ La scrittura clinica”
…perchè lo scrivere è atto psichico prima che ancora letterario…4
… la scrittura riesce a riscattare il male inferto, a perdonare quello ricevuto, a redimere sia chi ha avuto il coraggio di scrivere sia chi non lo seppe o volle fare…5 O come annota Doris Lessing: Scrivendo il primo volume della mia autobiografia ho imparato parecchie cose che non mi aspettavo, e mi sono stupita di averci messo così tanto. Si impara sempre scrivendo un libro. 6
David Grossman ha scritto un libro intenso che fa riferimento al sostegno della scrittura, al potere conoscitivo che da essa ne deriva. In “ Con gli occhi del nemico: Raccontare la pace in un paese in guerra” egli fa riferimento al forte legame che si instaura fra scrittura e psiche.
Io scrivo. Il mondo non mi si chiude addosso, non diventa più angusto. Mi si apre davanti, verso un futuro, verso altre possibilità. Io immagino. L’atto stesso di immaginare mi ridà vita. Non sono più pietrificato, paralizzato dinanzi alla follia…Io scrivo. E mi rendo conto di come con un uso appropriato e preciso delle parole sia talvolta una sorta di medicina che cura una malattia. Uno strumento per purificare l’aria che respiro…Quando scrivo riesco ad essere un uomo nel senso pieno del termine, un uomo che si sposta con naturalezza tra le varie parti di cui è composto; che ha momenti in cui si sente vicino alla sofferenza e alle ragioni dei suoi nemici senza rinunciare minimamente alla propria identità 7
A questo tema della “ scrittura terapeutica” mi sento legata per esperienza diretta e attraverso essa cercherò sempre di riprendere quel filo rosso della conoscenza. La scrittura intesa come elemento di separazione da tutto e da tutti. Scrivevo nella mia testimonianza pubblicata nel 2005:
La malattia mi ha segnato profondamente, ma anche creato in me nuove energie, fecondità che non avrei mai creduto di poter esprimere…Ho sentito il bisogno di scrivere, tracciando un percorso introspettivo, faticoso e duro, ma di grande potere rigenerativo per la mia mente e la mia persona. E’ nata così la mia autobiografia…Ho iniziato a guardarmi allo specchio senza scappare e con occhi nuovi . 8
E proseguo in un altro scritto…
Mi sto aiutando. Con in mano questa penna e davanti ad un foglio bianco, voglio tentare di ritrovarmi ancora. Ho già scritto tante riflessioni, un manoscritto che spero di pubblicare a breve, è nato dopo la malattia, soffermandomi poco, però, su quella che consideravo una tragedia, ma che si è rivelata un’esperienza ricca e che mi ha salvata.
Il mio incontro con il tumore alla mammella è stato dirompente, come penso per tutte noi donne. Tutto è iniziato quattro anni fa, nell’estate del 1998. Da poco venivo via da un periodo difficile e sofferto. La tipica crisi matrimoniale mi ha messo a dura prova e non ho avuto forze necessarie per contrastarla. Le mie autodifese si sono sterilizzate e ho immagazzinato eccessivo dolore per poter uscire indenne da una situazione che psicologicamente non mi dava tregua…Solo oggi riesco a descrivere quei giorni di sofferenza, perché voglio aiutarmi nel ricordo del mio vissuto, voglio aiutarmi per superare quel dolore. Credo che il male si possa attenuare solo parlandone, cercando di esternare quelle emozioni forti che si sono attaccate addosso e da cui ci possiamo salvare, se lo vogliamo in un cammino di speranza. 9
Nel suo libro “ La scrittura clinica” Duccio Demetrio compone un metodo ontologico che arreca benessere e nutrimento a chi voglia intraprendere il viaggio della conoscenza attraverso la scrittura. Scrive:
…Le pratiche di scrittura personale…sono una risposta alla solitudine di chi soffre: quale ne sia la causa…Poiché la scrittura usata con questa funzione introspettiva, per indagarsi e interrogarsi, è un bisturi tra i più spietati e severi, che però sa offrire al contempo soddisfazioni e sostegni psicologici- in autonomia- impareggiabili 10
L’attività della scrittura costringe la persona ad incontrarsi con il rimosso, i nodi irrisolti della sua vita11 – scrive ancora Demetrio - e le cui parole rimbalzano verso la mia anima perché ho assaggiato quelle spinte interiori che, se affrontate, liberano la mente ed il corpo da un peso che a distanza di tempo poteva permutarsi in sovraccarico ulceroso.
Io ho incontrato il mio rimosso stando molto male e ho avuto la capacità di attraversare quel dolore per evolverlo verso la conoscenza, la libera espressione della mia autenticità. La nostra autenticità è un valore immenso a cui noi tutti dobbiamo sentirci indirizzati esprimendola nelle sue peculiarità e fecondità. Seguire questa direzione ci libera e ci disorienta al tempo stesso ma ci costruisce immensamente insegnandoci a vivere la nostra vita nel pieno della sua espressione. Posso dire, oggi, di aver vissuto pienamente la mia vita, ma per arrivare a questo ho dovuto attraversare quel guado della sofferenza facendola diventare veramente mia, scevra da qualsiasi condizionamento, da qualsiasi conformismo. Anche un grande dolore, una perdita terribile, non possono sovrastarci senza lasciare appigli di speranza; la sofferenza ha un senso se ne usciamo rinvigoriti nel tempo, umanamente più capaci e disponibili verso gli altri. Il dolore non ci può annientare, ma deve mettere in risalto le nostre qualità, il nostro cuore, tirando fuori il buono di noi. E ancora scrive Demetrio:
…Come la scrittura può aiutarci e curare, così pure può non tanto farci ammalare , ma rivelarci la presenza di strati profondi di dolore che si preferisce non sondare. 12
Credo, per averlo vissuto, che la scrittura, se abbiamo il coraggio di avventurarci nel viaggio imprevedibile dell’interiorità, possa aiutare ad elaborare anche il dolore più acuto. Essa permette di mediare la sofferenza rendendola meno acuta, più parca. E in questa dimensione nuova la nostra sofferenza viene alleviata e fa breccia non solidificandosi, non facendo massa nel corpo. Credo vivamente che esista un grande legame fra psiche e malattia e che l’aiutarsi a sondare il terreno della introspezione possa rigenerare in noi attività positive che si esplicano nel corpo risollevandoci dal peso del dolore.
Non portiamo in noi la cultura orientale del mistero, della mente intesa come parte coadiuvante e anche risolutiva dei mali del mondo; noi occidentali molto indottrinati da una cultura razionale e liberista tendiamo ad offuscare i nostri sensi ingabbiando le grandi potenzialità della mente. Come scrive Duccio Demetrio in una parte del libro riferendosi al testo di G. Di Chiara “ Curare con la psicoanalisi”
…Conoscere se stessi significa – pertanto - tornare alle origini dell’esperienza. Forzare l’inconscio a restituire alla coscienza la memoria celata delle nostre esperienze passate è liberatorio perché in questo modo possiamo scoprire le influenze dimenticate che ci hanno reso quel che siamo 13 E come afferma Natalia Ginzburg : …Se sei infelice per una qualunque ragione…se senti che ciò che scrivi è valido, degno di vita, allora fatica. 14
La scrittura è fatica, sollievo, nutrimento, spaesamento, trascendenza. L’esercizio quotidiano ci solleva dalla vita dal suo iter usuale e ci sazia come il pane di cui abbiamo bisogno per vivere. La scrittura ci rende forti, altruisti, provocanti e generosi. Ci commuove e ci adira. Ci nobilita. La scrittura gioca con noi tutte le emozioni della vita. Calarci in quelle emozioni significa rigenerarsi, proteggerci in un cammino volto alla cura. Non abbiate resistenze perché la penna fa il resto: conduce, e il pensiero trasla l’emozione dolcificando l’effetto. Mettetevi in gioco con un foglio ed una penna e liberate il cuore da quelle strette che i condizionamenti della vita procurano. Non abbiate paura di essere giudicati per queste spinte interiori rese scrittura. Qualsiasi scelta volta al cambiamento procurerà in chi assiste sgomento e critica. Tutte le novità culturali, i cambiamenti della storia, il vero cambiamento degli uomini, hanno creato contrarietà e vilipendio. Voi potete essere testimoni e protagonisti della stessa vostra vita, potete spiazzare e provocare e la vostra interiorità liberata è ciò che vi renderà unici ed ineguagliabili. Questa la differenza, questa la bellezza. La scrittura, come sottolinea Duccio Demetrio nel suo testo, induce a crescere perché la conoscenza di sé è un progetto, una passione, una tensione che non conosce un definitivo approdo. Il dolore ci fa crescere e la scrittura addolcisce quelle pene rendendocele più sopportabili. Ci obbliga a guardarci dentro assaporando il nostro contenuto vergine e sfidandoci a battere nuove strade.
La scrittura mi ha portato oltre i confini della letteratura, con l’esigenza di crescere, con l’urgenza di fermare il tempo attraverso la melodia delle poesie, con la capacità di inoltrarmi su terreni nuovi partecipando a Convegni sul tema della salute, della cura, del cancro e della scrittura come metodo conoscitivo e terapeutico. La scrittura mi ha dato anche la possibilità di portare sul palco con altre donne parte della mia storia che ho pubblicato per farne un esempio di coraggio e di speranza per chi si trova ad affrontare l’enigma della malattia. Il cancro. www.legriots.it Questo per sottolineare quanto la scrittura mi abbia fatto crescere nel momento in cui l’ho accolta, purificata nel suo percorso.
Ci ricorda anche Rainer Maria Rilke che la scrittura di sé non può che appartenere alla schiera dei girovaghi dell’esistenza, gli eterni fuggitivi agli inquieti non per carattere ma per filosofia. 15
Come scrive Duccio Demetrio 17 le affinità della scrittura con il senso filosofico della vita sono molto legate perché ci si sente “ nomadi”, in una terra di nessuno, spesso “inquieti” ma vivi, terribilmente vivi. E a questo proposito riporto una mia poesia per sottolineare questa dimensione che ci rende pellegrini in una terra sempre sconosciuta dove la scrittura è ricerca della conoscenza, la filosofia ricerca di una vita inestinguibile e persa negli eterni dubbi e nelle inquietudini di una nostra precarietà…
SCENDERO’
Scenderò lungo
quel viale
perplessa e muta
per ciò che le labbra
non riescono ancora a sussurrare.
Quella solitudine
che terrorizza gli animi
mi terrà compagnia
nell’asprezza del suo richiamo.
Ciondolerò
come un fantoccio invisibile
e quel perché
non troverà mai risposta.
La scrittura ferma il nostro viaggio, trasforma l’invisibile in visibile, ci sprona ad essere vivi nelle nostre emozioni.
Bizzarri M. La mente e il Cancro, Frontiera Editore, Milano 1999.
Borgna E. L’attesa e la speranza, Feltrinelli, Milano 2006.
Caryle Hirshberg M. Guarigioni straordinarie, Mondadori, Milano 1995.
Demetrio D. La scrittura clinica, Milano, Raffaello Cortina, Milano2008.
Galimberti U. L’Ospite inquietante, Feltrinelli, Milano 2007.
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Grossmann D. (2007), Con gli occhi del nemico. Raccontare la pace in un paese di guerra, Milano, Mondadori.
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Terzani T., Un Altro Giro di Giostra, Longanesi e C, Milano 2004.
BIBLIOGRAFIA
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2 Caryle Hirshberg Marc Ian Barasch, Guarigioni Straordinarie, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1995, cit., p. 211.
3 Isabelle Allende, Paula, Feltrinelli, Milano 1995.
4 Duccio Demetrio, La scrittura clinica, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008 cit., p. 40.
5 Ibidem, cit., p. 44
6 Doris Lessing, Il senso della memoria, cit., p. 11.
7 D. Grossmann, Con gli occhi del nemico. Raccontare la pace in un paese di guerra, Mondadori, Milano 2007, pp 41 – 42.
8 Sonia Scarpante, Un fiore nella mia anima, IEO, Milano 2005, pp 6- 7.
9 Sonia Scarpante , Mi sto aiutando, con prefazione di Umberto Veronesi, Mélusine, Milano2004,pp.3-4-5.
10 Duccio Demetrio, La scrittura clinica, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008 cit., p. IX- XII
11 Ibidem, cit., p. XVII
12 Ibidem
13 G.Di Chiara, Curare con la psicoanalisi, Raffaello Cortina, Milano 2003, p. 117.
14 N. Ginzburg, Le piccole virtù, Einaudi, Torino 1962, p. 34.
15 R. M. Rilke, “ Quinta elegia” in Elegie duinesi (1911- 1912 ), tr.it. Einaudi, Torino 1978.
16 Duccio Demetrio, La scrittura clinica, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008, p. 236-237-238.
Umberto Galimberti, L’Ospite inquietante, Serie Bianca Feltrinelli.
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Tiziano Terzani, La Fine E’ Il Mio Inizio, Longanesi.
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Ignazio R. Marino, Credere e curare, Giulio Einaudi Editore.
Sonia Scarpante, Lettere ad un interlocutore reale. Il mio senso, Melusine 2003
Sonia Scarpante
www.soniascarpante.it
sonia.scarpante@fastwebnet.it