SCIENZA SPAZZATURA?
Nell’ultimo paio di settimane abbiamo registrato un paio di notizie interessanti sul versante OGM.
La prima è che l'ultima di una serie di sperimentazioni attuate in Gran Bretagna negli ultimi quattro anni sui pericoli degli OGM ha dimostrato, per l'ennesima volta, che sono pericolosi per l'ecosistema.
Resistente a diserbanti che farebbero secche le analoghe piante convenzionali, la colza OGM ne consente l’abbondante utilizzo, con un impatto devastante su tutti gli indicatori-chiave.
Secondo lo studio nei campi OGM dicotiledoni, api, farfalle, altri insetti e uccelli calano anche di un terzo.
«Sei anni fa, prima dell’inizio dei test, si diceva comunemente che gli Ogm sarebbero stati una benedizione tanto per i profitti degli agricoltori quanto per le tante forme di vita dei campi. Adesso, invece, si scopre che non sono affatto buoni per gli uni e nemmeno per le altre. Questa sì che è una cattiva notizia per l’industria del biotech», hanno dichiarato al Centro per l'ecologia e l'idrologia di Lancaster, supervisor alla ricerca.
Ma come? ci chiediamo qui, che siamo anime candide.
Le piante sono state autorizzate dalle commissioni ministeriali dopo aver esaminato i voluminosi studi delle aziende titolari dei brevetti, da cui risultava senza ombra di dubbio che non c’era alcun problema per la salute umana o per l'ambiente.
Com’è possibile, allora, che gli studi indipendenti commissionati dal governo britannico smentiscano le rassicurazioni dei titolari dei brevetti e concordino con gli allarmi sollevati da ecologisti e da scienziati non legati al settore biotech (che, per i loro richiami alla cautela, si son visti appioppare il non onorevolissimo epiteto di “scienza spazzatura”)?
I supporter del biotech non cessano di ripeterci che sugli OGM “la scienza non è divisa”, dipingendoci una cittadella della concordia scientifica fuori delle cui mura, al di là del fossato con il putrido scolo fognario, si trascinano rari reietti, patetici e penosi nelle loro anti-scientifiche lamentazioni.
Certo, la concordia è una bella cosa, ma a noi (anime candide) sembra ci siano sempre più ragioni per dividersi, uscendo alla spicciolata dalla cittadella.
I supporter del biotech non cessano neppure di dipingerci l’elevato livello tecnologico che consente alla ricerca biotech di infilare nel lunghissimo genoma di una pianta un nuovo gene foriero di mirabilie, che andrà a dispiegare pel bene del mondo proprio gli effetti virtuosi che si erano programmati.
Non vi affascina?
Parliamo di lavori sui geni, mica di riempire un cassone di autocarro con sacchi di frumentone.
E qui veniamo alla seconda notizia.
Nel 2000, ricorderanno i nostri 25 lettori, “non intenzionalmente” fu distribuito per uso umano del mais StarLink autorizzato solo per uso zootecnico a causa del suo potenziale allergenico (ritirato quasi tutto, a parte quello finito negli aiuti umanitari e quello consumato nei Tacos prima del richiamo).
La batosta (1 miliardo di dollari per far rientrare il prodotto illegale) non sembra esser servita da monito e aver suggerito le procedure minime di sicurezza e tracciabilità che si pretendono dal più scalcinato coltivatore di ravanelli.
Dal 2001 al 2004, a Syngenta (che nel suo comunicato ricorda, senza alcuna utilità, di aver realizzato l’anno scorso un fatturato di circa 7,3 miliardi di dollari, impiegando 19.000 dipendenti in più di 90 paesi), che pur detiene la tecnologia per riuscire a modificare il comportamento delle piante e le proteine espresse dai loro geni, è capitato di aver immesso (“non intenzionalmente”, si premura di informare altrettanto inutilmente il comunicato) “l'evento genetico Bt10 in un piccolo numero di linee di mais negli Stati Uniti”.
In ogni caso non c’è da preoccuparsi, sostiene il comunicato: il mais Bt10 e quello Bt11 (autorizzato) pari sono.
Parliamo di sacchi di frumentone su cassoni di autocarri, mica di lavori sui geni.
L’ “evento genetico Bt10” è un mais non autorizzato dalle autorità sanitarie europee.
Non è autorizzato neppure dalle autorità sanitarie statunitensi.
E, com’è saltato fuori qualche giorno dopo, l’“evento genetico Bt10” , a differenza del Bt11, contiene un gene marcatore resistente all’ampicillina, un antibiotico largamente utilizzato per uso umano e veterinario.
Quali test di sicurezza alimentare siano stati effettuati (se lo sono stati) su questo prodotto non autorizzato ci è del tutto ignoto.
Ci è noto, invece, che l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare richiede che le piante OGM messe in commercio non contengano questi geni marcatori.
Syngenta ha ammesso a Nature l’immissione sul mercato statunitense, dichiarando che “Tutte le coltivazioni e le giacenze di sementi che contengono quest'evento genetico sono stati identificati e distrutti o isolati in attesa di una prossima distruzione”.
E in quattro anni non ne è stato venduto nemmeno un chicco?
Il piccolo numero di linee di mais ha prodotto sementi utilizzate su (sembra) 15.000 ettari, che dovrebbero aver prodotto suppergiù 150.000 tonnellate all’anno.
Com’è che The Guardian parla di 170.000 tonnellate arrivate in Europa?
Che non è gli Stati Uniti, che non sono 150.000 tonnellate in tutto e che non sappiamo ancora quali saranno le prossime informazioni…
Fino a quando non saranno capaci di caricare dei sacchi sul cassone di un autocarro e continueranno a dimostrare questa preoccupante approssimazione c’è da star tranquilli a saperli intenti a manipolare filamenti di DNA?
Roberto Pinton
p.s. Il 9 aprile Carlo Brivio presenterà il programma per il congresso Aiab, il giorno dopo va in Consiglio dei ministri la legge sul settore biologico, c’è da vedere come finiscono le elezioni, ma si parla di un assessorato per Gino Girolomoni.
Nel frattempo, chi non è stato a Biofach può chiederci il DVD con il reportage completo