MITO E REALTA’ DELLA FORZA INTERNA
In questo contesto non si pretende di dare delle risposte assolute, ma solo di fornire degli strumenti critici che possano aiutare ad indirizzare la ricerca e la pratica in una direzione apprezzabile da un punto di vista materiale, concreto.
L’energia interna, o forza interna, è sempre stato un argomento che ha suscitato interesse e curiosità, non solo nel campo delle arti marziali, ma anche nell’ambiente delle discipline spirituali e della medicina naturale in genere.
Molto spesso si suole rivestire questo tema di un alone mistico, misterioso.
Ciò è dovuto ad un vizio di forma: in Occidente, nonostante le scoperte della fisica moderna, la mente si muove ancora entro i limiti posti dalle regole della fisica newtoniana e della geometria euclidea, pertanto il movimento corporeo e il suo potenziale rimangono confinati in questo ambito, che il taoismo definisce mondo della forma o Cielo Posteriore, tutto ciò che è al di fuori di questo campo diventa magia, metafisica.
Sostanzialmente la realtà viene vista come appare.
Il taoismo, con la concezione della contemporaneità e interazione del Cielo Posteriore e del Cielo Anteriore (il mondo della non forma) anticipa di qualche millennio le scoperte della “…fisica quantistica che modifica la visione della realtà, considerandola non tanto come appare, ma nella misura in cui la si conosce.”
(G. Boschi-“Medicina Cinese: La radice e i fiori”-Erga ed. pag. 344)
Nel corso degli ultimi anni abbiamo avuto occasione di assistere a numerose dimostrazioni di grande effetto, relative alle potenzialità del corpo umano.
Senza nulla togliere all’indiscussa abilità che bisogna conseguire per realizzare determinati esercizi, si può affermare che la gran parte di queste dimostrazioni non hanno nulla a che vedere con la forza interna; la gran parte degli effetti dimostrati è facilmente spiegabile con gli strumenti che ci offre la fisica elementare, che tratta dei fenomeni “esterni”.
Mi riferisco al piegare lance o spade col collo; a rotture di pietre su letti irti, forse in modo un po’ troppo fitto, di chiodi; alla camminata sui carboni ardenti di qualche apprendista stregone e a qualche proiezione spettacolare.
Indubbiamente queste manifestazioni sono di indiscutibile effetto, ma chi pratica da anni con etica e devozione non può nascondere che tutto questo non può che essere relegato nel mondo dei “trucchi”, meglio rappresentato nelle manifestazioni circensi da acrobati e prestigiatori.
Il fascino del magico ha sempre esercitato una forte attrazione sulle persone comuni e i più perspicaci hanno avuto buon gioco a sfruttare questa attrazione speculandoci sopra a scapito dei più ingenui.
Ritengo che come cultori di una disciplina o arte marziale, che dir si voglia, ci si debba dare obiettivi di maggior spessore.
E’ necessario prendere in esame da un punto di vista materiale, concreto, ciò che si intende per energia esterna ed interna e considerarne i campi applicativi, dopo di che ciascuno sarà libero di trarre le proprie conclusioni.
Si ha un uso di energia esterna, quando i muscoli, comandati volontariamente dalla mente, muovono la struttura ossea ed esprimono potenza, forza, sotto varie forme.
Viene definita forza esterna in quanto il motore (muscolo) agisce dall’esterno sulla struttura (ossa) attivato da un’ esteriorizzazione dell’attività mentale volontaria.
ILLUSTRARE
L’esito di questo processo può essere ottimizzato con l’uso di leve favorevoli: leva semplice, ruota, carrucola ecc.
ILLUSTRARE
Nell’ambito delle arti marziali possiamo riscontrare come l’Aikido sia la disciplina che ha raggiunto il massimo livello di ottimizzazione del movimento esterno, sfruttando la combinazione di leve favorevoli.
Questo sistema viene adottato anche da molti maestri di discipline interne di origine cinese.
L’adozione di leve favorevoli può essere utile a comprendere come non sia necessario usare molta forza per proiettare un avversario, quindi può essere una efficace fase di passaggio per l’allenamento della forza interna vera e propria; ma la leva non è ancora forza interna.
Chiariamo con un esempio pratico che cosa significa ottimizzazione della forza esterna.
Nel momento in cui veniamo afferrati per un polso, la nostra mente comanda ai piedi di collocarsi in una posizione dalla quale possiamo sfruttare una leva favorevole per poterci liberare e contrattaccare senza eccessivo sforzo.
Questa si definisce tecnica ed è senz’altro efficace.
DIMOSTRARE
Questo funziona perfettamente in palestra, in allenamento, o in gara, ma nel caso di un combattimento reale, dove entrano in gioco numerose componenti, soprattutto emotive, il successo non è poi così certo.
Se si vuole utilizzare la forza interna, la nostra strategia deve cambiare radicalmente.
In primo luogo la mente non deve agire in modo volontario per dirigere il movimento del nostro corpo; essa deve saper rilasciare il controllo sul corpo in modo che la forza esterna, impressa dall’avversario, lo coinvolga nella sua interezza, promuovendone il movimento spontaneo, al pari di una corda o un qualsiasi oggetto che afferrati da un capo si mettano in movimento adattandosi alla forma della mano.
DIMOSTRARE
Questa è la fase di assorbimento della forza esterna, quindi fase Yin. la fase yin è come un gavitello sull’acqua, segue l’onda, non ha una propria direzione.
Quando la forza dell’avversario, dopo averci attraversato, arriva ad interessare i nostri piedi, abbiamo l’inversione del movimento; in questa fase, Yang, la mente guida il corpo, come il capitano il veliero e restituisce all’avversario la forza che egli stesso ha generato.
Possiamo quindi definirla forza interna in quanto la forza agisce internamente alla struttura, questo avviene grazie ad un’attività mentale che si rivolge all’interno del corpo.
DIMOSTRARE
L’avversario non si trova sradicato solo fisicamente, come nel caso di una leva a lui sfavorevole, ma anche psicologicamente.
Infatti, nel momento in cui egli afferra il polso, anziché avvertire resistenza o movimenti esterni, che facilmente potrebbe individuare e controllare, egli avverte la propria forza fluire fuori della propria mano ed entrare nel corpo dell’altro.
Questa continuità di moto, che avviene all’interno della struttura, costringe la sua mente a seguire la propria forza o a lasciare la presa.
Abbiamo di fatto una perdita psicofisica del baricentro, mentre nel caso di semplice leva sfavorevole avremmo una perdita solo fisica, che una mente pronta e ben allenata può recuperare, impegnando al massimo la muscolatura posturale.
Inoltre, sappiamo che una leva favorevole è funzionale solo con materiali adeguati ai suoi parametri lineari, quindi nel caso di persone con notevoli differenze strutturali, essa risulterebbe vana.
Il movimento interno si sviluppa attraverso vari livelli.
Per conseguire la padronanza del movimento interno, è necessaria la pratica del movimento a spirale.
Il movimento a spirale è una forma transitoria dell’uso della forza da esterna ad interna.
Il processo mentale è ancora esterno e i muscoli giocano ancora un ruolo attivo, anche se cambia l’organizzazione del movimento nel suo assieme.
Col movimento a spirale le ossa non si muovono su piani (lineari) e in modo settoriale, bensì esprimono, ruotando attorno al proprio asse, una risultante assiale che può andare sia verso l’esterno che l’interno del corpo.
Come esempio possiamo considerare l’azione penetrante di un chiodo rapportata a quella di una vite.
La potenza che si esprime, a parità di dispendio di energia muscolare, col movimento a spirale è di gran lunga superiore ad un’operazione di semplice estensione degli arti ed è facilmente calcolabile.
ILLUSTRARE
L’unica condizione che non ci fa ancora definire “interno” il movimento a spirale, è l’azione della mente sui muscoli.
Riassumendo:
La forza esterna è agita dai nostri muscoli comandati volontariamente dalla nostra mente verso un obiettivo, senza considerare la conformazione strutturale del corpo; genera di conseguenza forze tangenziali ed esterne alla struttura che sono lesive per la stessa.
E’ tendenzialmente settoriale, non coinvolge l’intero corpo: il movimento è lineare ed ha un inizio ed una fine.
La forza interna, non è agita dai muscoli, la mente ha (solo) una funzione di guida e controllo del movimento interno nel pieno rispetto della struttura. Le forze che si generano sono coerenti con la struttura e producono una risultante interna alla struttura stessa. Il corpo è coinvolto in ogni sua parte e il movimento è circolare. Il corpo si muove nello spazio con un andamento iperboloide
La forza del movimento a spirale è agita dai nostri muscoli comandati volontariamente dalla nostra mente verso un obiettivo, considerando la conformazione strutturale del corpo . Le forze che si generano sono coerenti con la struttura e producono una risultante interna alla struttura stessa. Il corpo è coinvolto in ogni sua parte e il movimento è circolare. la forza ha un andamento lineare su una traiettoria iperboloide.
In ogni caso la differenza tra movimento a spirale e movimento esterno comune è già notevole.
La mente gioca un ruolo determinante: abbiamo visto che nel muoversi comune,esterno, la mente ha un ruolo unicamente direttivo ed è “separata” dal corpo e ciò può causare danni a lungo andare molto seri.
Gli esempi più banali di come la mente può arrecare danni al corpo con un movimento inadeguato sono gli strappi muscolari, i blocchi articolari (volgarmente definiti: torcicollo, colpo della strega, nervi accavallati ecc.), le patologie artrosiche, come effetti cronici a lunga scadenza.
DIMOSTRARE
Con il movimento a spirale la mente ha un ruolo di controllo sul movimento corporeo, quindi la sua funzione direttiva è al servizio del corpo.
Nel caso del movimento esterno mente e corpo agiscono senza unità d’intenti, quindi abbiamo dispersione energetica ed usura.
DIMOSTRARE
Col movimento a spirale otteniamo una concentrazione della forza all’interno della struttura, che tende, di conseguenza, a tonificarsi.
Il movimento esterno produce sollecitazioni esterne e trasversali alla struttura, mentre col movimento a spirale le forze corrono nel senso delle fibre della struttura.
ILLUSTRARE
Come per il movimento esterno vero e proprio, anche il potenziale del movimento a spirale può essere accresciuto con un adeguato allenamento muscolare; anche se sarà sempre più potente del semplice movimento esterno, la sua crescita avrà comunque un limite.
Lo dimostrano i record dei vari sport, salto in lungo, salto in alto ecc.: anche ricorrendo ad integratori alimentari adeguati (più o meno dopanti), i risultati, sulla lunga scadenza, si differenziano di strettissime misure.
E’ il caso di riprendere i testi classici, nei quali si afferma che la forma ha un confine, e di conseguenza un limite, mentre il “vuoto” non ha limiti.
Se agiamo all’esterno del nostro corpo, saremo condizionati dai limiti spazio temporali, mentre se rivolgiamo l’attenzione al nostro interno, potremo scoprire risorse incommensurabili: questo grazie ad un processo che si definisce alchemico, e che si sviluppa con la pratica della Piccola Rivoluzione Celeste
Quindi gli obiettivi che ci proponiamo con la pratica del movimento a spirale sono:
1. Muovere il corpo nella sua globalità, rispettandone la conformazione fisiologica.
2. Utilizzare le catene muscolari invece dei singoli muscoli, per mantenere il movimento all’interno della struttura ossea, senza dispersione di forze.
3. Realizzare praticamente il concetto dei classici per il quale il movimento si origina da terra, viene governato dal bacino e si esprime esternamente nelle mani (e viceversa).
4. Rendere circolare il movimento a spirale, quindi realizzare la condizione : tutto il corpo è bacino.
Ottimizzato il movimento a spirale, otteniamo un contatto della mente con la forza interna, o soffio, che è la sensazione della risultante interna della globalità della forza.
5. Ottenuto, con l’ottimizzazione del movimento a spirale, il riequilibrio del corpo, possiamo dedicarci allo sviluppo del movimento interno vero e proprio.
ILLUSTRARE
La differenza tra movimento a spirale e movimento interno è quindi minima, ma sostanziale.
Abbiamo visto come per praticare il movimento a spirale, la mente si deve concentrare all’interno del corpo, ma conserva ancora un’azione direttiva sull’attività muscolare, che è ancora motore del movimento.
La rappresentazione alchemica taoista definisce questo comportamento come “mettere la mente nel Dan Dian”, ovvero “mettere il fuoco sotto l’acqua”.
ILLUSTRARE
E’ chiaro come le rappresentazioni taoiste, in mancanza di un linguaggio appropriato vadano intese in modo dialettico e non meccanicistico.
(È facile scambiare un’ indicazione di igiene sessuale col farsi il Bidet, piuttosto che girare portando sulla testa la copia di un testo sacro, anziché averlo impresso nella mente. Purtroppo gli integralismi religiosi ci offrono una gamma fin troppo vasta di simili interpretazioni)
La costruzione del movimento a spirale è il primo passo da compiere nel processo dell’alchimia interna, quello del riequilibrio del corpo.
La mente ha un ruolo fondamentale: con l’esperienza del movimento a spirale, essa impara a mettersi in contatto con il soffio, con il movimento del corpo in equilibrio e spontaneo, e può iniziare a interagire dirigendo il soffio e facendo sì che sia esso a muovere il corpo.
Si realizza così la condizione per la quale: prima viene la mente, poi la forma, essa deve essere corretta; se la forma è corretta si manifesta il soffio, quando il soffio si manifesta la mente guida il soffio e il soffio muove il corpo.
Un ulteriore sviluppo della forza interna si ottiene, a questo punto, esercitando questa nuova funzione della mente, anziché i muscoli.
Questa nuova funzione viene definita Yi.
Lo Yi si può definire come la capacità della mente di dilatare la dimensione spazio-temporale, all’interno del proprio corpo.
Questa fase non può prescindere da una revisione della propria struttura emozionale. Quando il corpo è in equilibrio il Jing si trasforma in Qi e questi in Shen, sostanzialmente abbiamo generato il nostro Tai-Ji riunendo la mente al corpo.
Per poter procedere nel percorso dobbiamo unire la mente al cuore, quindi armonizzare le emozioni, con gli intenti.
Non voglio dilungarmi su questo aspetto, perché sono stati scritti libri molto validi sull’argomento, vorrei solo sottolineare l’importanza che a questo punto bisogna dare a concetti quali:
sentire-aderire-seguire: saper cedere, non agire.
L’ostacolo maggiore che si incontra nello sviluppo della forza interna è dato dalle nostre ambizioni, dalla nostra volontà di successo, sembra paradossale, ma questi intenti sono in antitesi con i princìpi del Tao.
Tutto il percorso di studio del proprio movimento interno è quindi accompagnato dalla pratica in coppia, detta Twei Shou.
Inizialmente i due praticanti armonizzano il movimento del proprio corpo con quello del partner, in questa fase si sviluppano i princìpi di sentire-aderire-seguire: saper cedere, non agire.
Si crea una condizione di scambio energetico che si differenzia da un normale incontro tra due individui.
Quando si è raggiunto questo obiettivo individualmente, si procede nella costruzione di un unico Taiji.
Sostanzialmente dopo aver unificato il movimento della propria struttura, si cerca di fare altrettanto con la struttura del partner: il suo braccio diventa il nostro braccio; il suo tronco, il nostro tronco; le sue gambe le nostre gambe, il suo bacino, il nostro bacino, in sostanza le due persone si trasformano in un'unica persona in movimento.
ILLUSTRARE
Con il movimento a spirale generiamo una forza interna simile al flusso dell’acqua, quindi non rettilinea, che può essere convogliata in uscita da qualsiasi parte del corpo.
Sviluppando ulteriormente il movimento interno possiamo osservare che la forza interna diventa ancor più eterea, come l’aria: essa non fuoriesce più da una qualsiasi parte del corpo, bensì vede lo
stesso corpo nella sua globalità, muoversi con l’altro, su un percorso che definiamo iperboloide, simile a quello dei corpi celesti.
Quando la mente è in grado di percepire la concavità della materia e interagire non con le particelle di materia, ma con lo spazio nel quale esse si muovono e si rincorrono di continuo, abbiamo realizzato il principio di trasformare l’insostanziale in sostanziale.
A questo punto non vi sono parole che si prestino a disquisire ulteriormente sull’argomento, ma è facile intuire come raggiunto questo livello non ci siano più limiti per accrescere la forza interna.
Per concludere: la forza esterna è parte della nostra energia vitale, ci appartiene direttamente e la governiamo direttamente.
La forza interna non ci appartiene, essa è la stessa forza che muove tutte le cose: per usarla, dobbiamo imparare a conoscerla; solo svuotandoci completamente di tutte le ambizioni potremo interagire positivamente con essa.
In quanto forza della natura, o dell’Universo, come sosteneva Wang Xian Zhai, non possiamo imporle la nostra volontà diretta, ma possiamo governarla, se rispettiamo le sue leggi, come il capitano governa abilmente e con successo un veliero e i suoi marinai, interagendo con il mare in tempesta e il vento contrario.
Per quanto riguarda l’applicazione marziale, perché il Taijiquan è un arte marziale, possiamo asserire che allenare la forza esterna richiede meno tempo che allenare quella interna, quindi un confronto a parità d’allenamento è senz’altro perdente.
Qui ci si scontra con lo scoglio più aspro della pratica: accettare la sconfitta.
Solo accettando la sconfitta possono scattare quei meccanismi di ricerca della vera forza interna che non ha nulla a che fare con la forza bruta e con la strategia di un normale combattimento.
Per la nostra cultura risulta difficile concepire come debolezza, morbidezza e cedevolezza possano essere elementi vincenti, per la natura, se preferite il tao, no.
È l’inconsistenza del vuoto (paradossalmente molto consistente) la causa dei terremoti, come degli uragani e degli incendi diffusi e delle inondazioni.