Alberi
In questo tranquillo pomeriggio autunnale mi vengono in mente due ricordi.
Il primo risale a tanti anni fa, quando frequentavo le elementari e in un giorno stabilito si celebrava la festa dell’albero, piantando alcune pianticelle davanti alla scuola alla presenza del preside, delle maestre e di tutti noi scolari.
Oggi, molti di quegli alberi sono stati tagliati per costruire abitazioni private e strutture pubbliche.
Il secondo ricordo si riferisce ad un tenero libro di Jean Giono che racconta la storia di un pastore il quale trovava piacere a vivere lentamente, insieme alle pecore e al cane, e a trascorrere la sua vita solitaria in una contrada deserta del sud della Francia, compiendo un’azione che avrebbe cambiato la faccia della sua terra e la vita delle generazioni successive: imperturbabile ostinato e tenace, piantava alberi, insegnandoci “come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione”
Cosa significano per te gli alberi? Con quale albero ti identifichi in particolare?
Sono nata e cresciuta in un piccolo paese della campagna toscana dove flora e fauna convivevano in naturalezza e armonia con le persone e le case.
Dovunque si girasse, il mio sguardo incontrava il verde degli alberi, da quelli sotto casa a quelli più lontani che all’orizzonte formavano il dolce e sinuoso profilo di colline.
Allora non ne ero consapevole, ma la loro presenza quotidiana creava un legame sotterraneo e stabilmente s’intrecciava al mio vissuto di bambina che, divenuta grande, avrebbe sentito la loro mancanza come un bisogno pressante da soddisfare.
Oggi comprendo i motivi per cui, nelle svariate case abitate in città, ricercavo almeno una finestra che mi facesse intravedere qualche albero e se frequento giardini e cammino per i boschi è per la serenità che tuttora mi suscita la loro semplice esistenza.
L’albero trascorre la sua vita nello stesso luogo in cui nasce. Eppure, dietro l’apparente immobilità, esiste un continuo impercettibile movimento a partire dalle radici che, invisibili e tenaci, si allungano nel terreno per trovare la stabilità necessaria affinché il tronco si sviluppi e attraverso i suoi rami, ricchi di foglie fiori e frutti, possa crescere verso l’alto in cerca della luce.
L’albero quale simbolo della vita, dell’equilibrio, della saggezza. Concilia il visibile con l’invisibile, il mondo della terra col mondo del cielo, la sostanza con la forma e possiede una virtù (oggi fuori moda) di cui è forse necessario riappropriarsi per ritrovare una dimensione più umana: la lentezza.
L’albero è un miracolo della natura ed io che della natura faccio parte, sono in grado di ripeterlo? Ho trovato il terreno adatto per ancorare ed estendere le mie radici? E queste sono forti a sufficienza per farmi affrontare le stagioni e le bufere della vita? Le mie foglie cercano la luce? Sono capaci di produrre fiori e frutti?
Più ci penso e più mi è difficile identificarmi con un solo albero, perché …
Vorrei essere maestosa e imponente come una quercia secolare per dare riparo a chi cerca frescura ed ombra
Vorrei essere un abete per farmi decorare ogni Natale illuminando l’intimità dei cuori e delle case
Vorrei essere un cipresso dipinto da Van Gogh per lanciare verso il cielo le mie vette turbinose come fiamme in cerca d’assoluto
Vorrei essere bianca, agile e snella come una betulla e possedere la bellezza dell’ippocastano a primavera
Vorrei essere allegro come un pino e scompigliare la mia chioma giocando col vento e le onde del mare
Vorrei essere umile e flessibile come un salice che freme le sue membra al battito d’ali di una farfalla
Vorrei essere generosa e prolifica come un castagno per saziare tutti quelli che hanno bisogno e fame di amore
Vorrei essere un alloro per nutrire il corpo e l’anima, dando sapore agli arrosti e ornando la testa dei poeti
Vorrei essere il ligustro dove salivo da bambina, fra le cui fronde sono rimasti ancora annidati gli anni dell’infanzia
Vorrei essere l’albero spoliante che, in una piazzetta appartata della città, in una giornata serena d’autunno, si veste tutto di giallo e offre ristoro al passante che nel vederlo si ferma e per un attimo infinito lo guarda.
Lorenza Cungi