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NATURA SELVATICA
Il tocco terapeutico della selvatichezza
Ogni Allocco è un Buddha
Autore: Maria Cristina Garofalo
Dobbiamo ringraziare tante singole persone che dedicano letteralmente la propria vita, a custodire animali. Grazie a loro possiamo ancora vederli, a volte toccarli, ed esser certi che si riprodurranno tranquillamente restando qui, sulla Terra, insieme a noi, in un patto equo. Nelle zone protette come il Parco Natura La Selvotta di Formello (Rm), colpisce la spontaneità e l’assenza d’ideologismi di maniera di chi, quotidianamente e personalmente, si occupa di animali selvatici, salvaguardandone la dignità, l’habitat, le modalità di vita. Niente periodi di vacanza, da anni, perché ogni giorno va garantito a ciascun essere la propria razione di cibo. Dispongono di grandi voliere, da cui spesso escono per allenarsi al volo. Si sente subito un’aura positiva in quel bosco mediterraneo in cui tante specie possono e, sembra, vogliano, vivere insieme all’Uomo, quell’essere che chiama ciascuno per nome ricevendo sempre risposte. Qui si può sperimentare ancora un’originale forma di solidarietà nella biodiversità. In umile visita tra i rapaci italiani Quando entri non sai quasi nulla di loro, non li hai mai visti – anche se hai un’età fortunata per cui qualche animale vero e selvatico attorno l’hai avuto – non sai che ti coinvolgeranno talmente tanto da non riuscire quasi ad andartene di lì. Alla fine, quando devi, vai via tranquillo, senza quel senso di disagio e malinconia che lasciano alcuni zoo; sai di lasciarli in buone mani, sai che tornerai da loro… Birds of Prayer, nessuna definizione può esser più calzante. Non lo crederesti se prima non li avessi visti, toccati, carezzati, sentiti. Sono morbidissimi, lisci come la seta, caldi e affettuosi. Molto chiacchierini, e questo non te l’aspetti, pensandoli relegati ad una vita notturna e criptica. Invece sono solari nell’atteggiamento, non hanno alcuna aggressività, anzi, quella testa rotonda e vellutata mostra un gran sorriso e dichiara la presenza di un cervello ben sviluppato. Il rostro non è così minaccioso e gli occhi dalle pupille grandi e fisse non incutono alcun timore, producono l’effetto dolcezza dispositivo tipico dei cuccioli mammiferi. Vien subito voglia di carezzarli, di tenerli in mano. E allora si sfata un altro pregiudizio: gli artigli sanno ben dominarli e dosarli, e quando li tieni fra avambraccio e polso stringono quel tanto che basta a farli restare in equilibrio. Se osservi da vicino ti accorgi che più che affilati sono molto arcuati, quasi a ritornar su se stessi. Quando chiudono le dita, ognuno si interseca con l’altro fino a chiudersi in una stella/stretta da predatore doc. Dove finisce questo segmento autonomo, iniziano le dita delle zampe su cui scaricano il peso del corpo. Le hanno ben allineate, dotate di cuscinetti callosi utili ad aumentare l’attrito complessivo della presa. Privi di qualsiasi odore “selvatico”, addirittura profumati, pulitissimi e candidi, hanno dispositivi di monitoraggio e controllo molto sofisticati e perfetti. Le orecchie, quelle del Barbagianni, ad esempio, accuratamente nascoste dalle folte e stratificate piume, hanno un graziosissimo e roseo padiglione esterno, in tutto e per tutto simile ad alcune razze terrestri. Sono disposte ai due lati del capo, leggermente sfalsate in altezza, per permettere un maggiore controllo direzionale dei rumori. Intorno agli occhi dei gufetti Bubu Bubu di tre mesi, scopri una corona circolare di piumette lunghissime e sottili, un po’ a sé stanti, corredate da microscopiche puntine bianche verso la fine. Ricordano i baffi del gatto e, in pratica, svolgono la stessa funzione di captazione segnali. Ma è la loro disposizione di piume ad esser veramente unica. Circolare, rigorosamente concentrica e gonfia come il bordo di un soufflé, da piccoli; si “liscia”, ordina e omogeneizza nei colori della propria razza, nella crescita. Vaporosi ci restano sempre, ma da pulli sono più disordinati e comici con quel loro chiacchierare continuo e oscillare ritmicamente la testa, sul piano frontale, ondulando a destra e a sinistra come se stessero seguendo un’interminabile partita di ping pong. Ovviamente, rigorosamente all’unisono, sullo stesso posatoio. Ci passano un tempo infinito, così come quando, per giusta legge del contrappasso, l’Allocco nostrano si posiziona assolutamente fermo e immobile, indistinguibile dal colore del tronco grigio su cui è poggiato nonostante sia a due soli centimetri dal tuo naso. Ma, quando i Gufi Reali, si mettono in formazione a schiera frontale digradante ai due estremi, allora si tocca veramente l’inverosimile. Questi animali devono avere un senso dell’ordine e della disciplina molto spiccato. Ne vedo sei, naturalmente anche loro fanno pendant con il proprio tronco, stavolta marrone/ocra. I due grandi, belli alti, stanno al centro; a digradare, rigorosamente scalari e simmetrici, vengono gli altri. È un’immagine di una tenerezza unica. Capisci che son reali (regali lo sono sempre, fosse solo per l’aspetto), quando si muovono per cambiare un po’ posizione, ma sempre a coppie omogenee per altezza. Poi c’è l’Assiolo, grande poco più di un passero che non crederesti neppure rapace…, bellissimo e con l’atteggiamento impettito dei parenti più grandi. Stesso sguardo diretto e fiero, colore assolutamente identico ad un tronco grigio ricoperto di lichene. Maschi e femmine di queste specie di strigiformi, si distinguono per grandezza (maschio più piccolo perché cacciatore/nutritore della femmina in cova), colore del piumaggio (non quello di base, s’intende, ma omogeneità della pigmentazione). Per esempio la femmina di Nyctea è assolutamente bianca (vivono fino a 3000 metri), mentre il maschio accentua le striature grigie di alcuni ordini di penne alari. Dalla struttura alare, si capisce che sono fatti per predare, quindi per esser silenziosi e coglier di sorpresa. È portentosa, forte, elegante e leggera. Anche nella parte interna hanno doppi ordini di piume, passando da quelle soffici e batuffolose che ricoprono petto e pancia, a penne vere e proprie, che in spessore, disegno e colorazione, replicano quelle del rivestimento superiore. Quando le battono e le spiegano sono imponenti, ma mai incutono sensazioni di paura. Sempre, mutuano dalla Terra i loro colori, anche se poi s’immergono nell’azzurro del Cielo. Il becco-rostro, così temuto, lo aprono per sbocconcellarti le dita, stringendo molto meno di quello che farebbe qualsiasi gatto di casa. Otus gioca a volar a testa in giù e acchiapparsi repentino al tetto della grande voliera. Rimane appeso un po’ lì con il cremisi interno delle ali al cielo. Poi riatterra, ti guarda (fissano sempre, non distolgono mai lo sguardo, sarà perché hanno le pupille fisse?…), e con volo assolutamente verticale su un’immaginaria linea a 90° col terreno, torna al posatoio. Atterra ed è già assolutamente immobile, come non si fosse mai mosso, e vi foste sognata tutta la scena. Da 0 a 100 in meno di un istante… Se non fosse che hanno bisogno di tanto spazio li potresti tenere in casa. Vivono a lungo fino ed oltre i 35 anni e formano coppie stabili. Passano ore ed ore in perfetta immobilità, quella che ti affanni tanto a cercare nel meditare… Loro, nel Vuoto sono abituati a starci.
Risorse disponibili:
in Rete
Alcune immagini:
Barbagianni
Primo piano di Barbagianni (Tyto alba) in volo. [Parco Naturale La Selvotta]
Barnie
Barnie è un pullo di Civetta delle nevi (Nyctea scandiaca). [Parco Naturale La Selvotta]
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