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ESPERIENZE
La "Terapia del Soffio" del Maestro Inoue Muhen
IL SOFFIO TRA LE MANI
Autore: Maria Cristina Garofalo
Federica, dieci anni, cerebrolesa dalla nascita, non l’aveva mai conosciuto, mai volontariamente emesso. Non poteva far volare i semi dei soffioni. Non è facile retorica, chiunque abbia avuto a che fare con queste persone sa che anche il gesto più banale può diventare per loro eccezionale; deve essergli insegnato e, forse, non sarà mai un automatismo del loro repertorio psicofisico. Capii che un grande risultato riabilitativo sarebbe stato riuscire a fargli compiere quell’azione, così spontanea ed ovvia, del buttar fuori aria. Il giorno che fosse riuscita, avrebbe fatto la sua dichiarazione di esistenza relazionale all’universo fuori di sé. Ai bambini, quando stanno per compiere il primo anno di età, si impongono giorni e giorni di prove, prima del compleanno, per fargli spegnere in un unico soffio l’emblematica candelina della torta. Presto, però, per loro diventa un gioco naturale ed abituale, in cui si allenano facendo volare impalpabili bolle di sapone.
La Terapia del Soffio del Maestro Inoue Muhen Scrive Engaku Taino, Maestro della Scuola Zen Rinzai di Scaramuccia (Centro Zenshin di Terni, Maggio, 2000): «Alla fine degli anni Ottanta il maestro Muhen ha partecipato a una sesshin di Scaramuccia e, durante una successiva visita, ha tenuto un seminario sulla Terapia del Soffio. «Dopo averla appresa, ho avuto diverse occasioni di utilizzarla, convincendomi della sua efficacia nella cura di tanti dolori e malattie. Pur non essendo un guaritore di professione, ritengo che la conoscenza della TdS, indipendentemente dall’uso che ognuno ne vorrà fare, sia utile per risolvere in maniera semplice situazioni anche disperate. È fondamentale sapere che è sempre meglio, ove possibile, avere una diagnosi da persone qualificate, per poter lavorare sulla malattia, o semplice dolore, e per coadiuvare l’uso di altre medicine specifiche. «È una terapia che può essere messa in pratica e, alla prova, nel momento in cui si incontri una persona che abbia qualche dolore dovuto ad artrosi o reumatismi…. Il miglioramento può variare dall’una all’altra, dipendentemente dalla gravità della sua condizione, età, carattere… Può anche succedere che, dopo aver trattato qualcuno per una settimana, non vi sia miglioramento e che, poi, all’improvviso, senza rendersene conto, cominci a sentirsi meglio. In alcuni casi può anche bastare una sola applicazione al giorno, finché si verifichi il miglioramento. Subito dopo avere soffiato, è normale che si abbia una reazione alla cura anche con sintomi apparentemente acutizzati: febbre, stanchezza, maggior dolore. Ci sono casi di malattie gravi, però (cancro in fase avanzata, aids) in cui la TdS non ha incidenza diretta sulla patologia; può solo servire ad alleviare la sofferenza del malato». Un Maestro Zen di cose ne deve sapere e saper fare tante, specialmente se è anche guida alpina, perché di allievi imbranati lungo la strada ne incontra numerosi…. Al di là delle battute, voglio testimoniare la diretta esperienza dell’aver visto applicare e funzionare questa tecnica in condizioni traumatiche dovute all’attività sportiva. La loro veloce, repentina risoluzione, e la conseguente riattivazione dell’arto recentemente infortunato. Scivolare sul sentiero fangoso al ritorno da un’alpinistica al Circeo, distorcersi una caviglia, battere violentemente un ginocchio; infortunarsi il primo giorno di corso d’arrampicata a Palermo, in mezzo a un mare di blu, immersi nel verde cupo e nel giallo brillante degli aranceti, sono veri e propri drammi… Eppure, soffi sapienti sulla pelle nel punto dolente, magari coadiuvati dall’immancabile Arnica, e dal puzzolente e buon bendaggio di farina ed aceto, e il miracolo è fatto! Il mattino dopo, con molta cautela ed accortezza – più per la memoria del dolore che altro – di nuovo in parete. Gli aneddoti sono tali, ed hanno solo valore e forza simbolico/evocativa. Sono funzionali alla narrazione, tutto lì. Ne potrei citare tanti altri tanto da far diventare scientifica la casistica, non fosse altro che per la vastità del campione esaminato, ed i successi ottenuti. Non è questo che interessa. Nessuno si sogna di dire che la Terapia del Soffio sia il toccasana di tutti i mali, ma neppure che funzioni esclusivamente abbinata a, o nei casi di accidenti traumatici. Chi s’è rotto un legamento del ginocchio, o ha riportato una frattura esposta, non ha alternative, se non quella di arginare e contenere il dolore. La qual cosa non è sicuramente da prendere sotto gamba (per restare in argomento…). Ho visto il Maestro praticare questo massaggio d’aria, ed è disarmante nella sua semplicità. Una pratica dolce che attiva il tramite fra curatore e curato, che riaccende un flusso energetico di forze endogene antiche; capitale sopito di ciascuno e tutti. Il triangolo di forze si concentra nello spazio triangolare delimitato dalle dita delle mani, ed assume la sacralità del gesto antico, essenziale, puro. Qualcuno più competente di me, che mi limito a riportar fatti, potrà trovare le giuste connessioni con l’attivazione (o riattivazione) di chakra, Tanden, punti energetici vari, o contestualizzare il tutto nel quadro delle immancabili, esotiche, filosofie orientali. Noi di Scaramuccia l’abbiamo imparato grazie a Taino, con semplicità e naturalezza come si faceva una volta dalle nostre parti, trasmettendo conoscenze empiriche (oggi si direbbe, pomposamente, "olistiche"), e riti, in linea femminile, da madre in figlia, da nonna a nipote. Sappiamo che il Maestro Muhen ha praticato la TdS per 5-6 ore al giorno e che, guarendo ed alleviando dolore, ha raggiunto il traguardo dei novant’anni. Sarà un caso, lo stile di vita (sul quale ha dato precise indicazioni di respirazione, automassaggio, alimentazione); sarà perché alla nascita gli era stato regalato un surplus di respiri con cui alleviare la sofferenza degli esseri senzienti, nonostante la vita e le sue dure regole, ci ha accompagnato per tanto tempo. Il ritmo interno del terapista Nella pratica della TdS, il ritmo interno del terapista, che si imprime nel soffio, è scandito dalla muta recitazione di un breve mantra o da un’invocazione che ci è cara, più per rispettare cadenze regolari, che per ammantare il tutto di spiritualità e misticismo. L’importanza del metodo è tutta nella sua semplicità di apprendimento ed applicazione. Nulla di trascendente, se chiedeste a Taino dell’efficacia della terapia, vi risponderebbe molto buddisticamente, che non sa perché funzioni; però funziona e questo è l’importante. Anzi, l’importante è conoscere e praticare un mezzo con il quale si possono aiutare molti esseri a star meglio, ed anche ritrovare un pezzo di conoscenza individuale. Nessuno spirito divino ci guiderà nella respirazione che creerà il soffio, solo la spinta dell’addome e l’essere presenti completamente al gesto, facendosi assorbire da esso. E la malattia, il dolore, si disperderanno nell’aria come gli ombrellini del soffione.
Risorse disponibili:
in libreria e in rete "La Terapia del Soffio. Trasmessa dal maestro zen Inoue Muhen. Come curarsi senza ricorrere al bisturi", Ballarin Federico, Ed. Mediterranee,- L. 25.000
Alcune immagini:
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